Ma sono cambiate anche le dinamiche degli scambi commerciali
Gli effetti del conflitto in Ucraina si fanno sentire sulle presenze di turisti e devoti russi, in sensibile calo in occasione della festa di San Nicola, patrono della città di Bari, venerato da oltre due milioni di fedeli in Russia. E’ quanto afferma Coldiretti Puglia, in occasione delle celebrazioni per il Santo Patrono di Bari con la cattedrale che è meta di pellegrinaggi dal mondo ortodosso dei fedeli che si spostano dalla Russia per rendere omaggio al santo taumaturgo.
In media prima dello scoppio del conflitto erano quasi 32mila gli arrivi e oltre 106mila le presenze l’anno, regione italiana con forti rapporti con la Russia – spiega Coldiretti Puglia - suggellati dalla visita dello Zar alla città di Bari nel 2007, dopo che nel 2003 Putin aveva donato la statua di San Nicola, con una targa che richiama i "legami plurisecolari" con Mosca.
Anche sul fronte degli scambi commerciali dei prodotti agricoli gli effetti del conflitto si sono fatti sentire, soprattutto sulle esportazioni dalla Puglia totalmente azzerate nel 2022, ma nel 2023 hanno riguadagnato qualche punto raggiungendo 1,2 milioni di euro di valore, mentre le importazioni in Puglia dalla Russia sono state pari a 129 milioni di euro di valore, considerato che è il maggiore esportatore mondiale di grano.
Ma la vera novità è il Made in Italy tarocco – spiega Coldiretti – che sta spadroneggiando in Russia. Con la guerra in Ucraina e l’embargo agli scambi commerciali che ha vietato l’esportazione a Mosca di una importante lista di prodotti agroalimentari come frutta e verdura, formaggi, carne e salumi, ma anche pesce si è diffusa nel Paese di Putin una fiorente produzione di imitazioni del Made in Italy a tavola che hanno sostituito le esportazioni tricolori. Il risultato – denuncia la Coldiretti – è che in molti territori, dagli Urali alla regione di Sverdlovsk, sono sorte fabbriche specializzate nella produzione di imitazione dei formaggi e salumi italiani per sostituire quelli originali.
Si tratta di impianti per la lavorazione del latte e della carne per coprire la richiesta di formaggi duri e molli così come di salumi che un tempo era soddisfatta dalle aziende agroalimentari italiane. Il sindacato russo dei produttori lattiero-caseari, Soyuzmoloko, ha stimato che la produzione di formaggio russo è quadruplicata, di cui una discreta fetta è rappresentata proprio dai prodotti simil italiani, come il Parmesan. E se le incerte prospettive di mercato legate alla guerra hanno rallentato gli investimenti negli impianti tecnologici necessari alla stagionatura, i produttori di formaggio russi hanno comunque espresso fiducia che la Russia possa iniziare a produrre parmigiano di alta qualità da esportare attivamente in 5-7 anni.
Il “Russkiy Parmesan”, ad esempio, viene prodotto nel territorio di Stavropol e sul sito dei produttori si assicura che “è un’alternativa al Parmigiano-Reggiano, è fatta con latte pastorizzato e matura 12 mesi e ha una consistenza dura molto simile e un gusto e un aroma intensi specifici”. Nelle stesse aziende si producono anche Montasio, Pecorino, mozzarella e ricotta – informa la Coldiretti – ma sui mercati si trovano anche mascarpone, robiola Made in Russia, diversi tipi di salame Milano, di mozzarelle “ciliegine”, di scamorze e pizza Sono Bello Quattro formaggi con tanto di errore grammaticale.
Inoltre, sono diversi i cibi che entrano nel nostro Paese e che finiscono magari per essere spacciati per italiani sfruttando il concetto di ultima trasformazione sostanziale per gli alimenti, quello che tecnicamente si chiama codice doganale. Un inganno contro il quale Coldiretti è scesa in campo con la grande mobilitazione #nofakeinitaly per cambiare le regole e far approvare una legge europea di iniziativa popolare per l’estensione dell’obbligo dell’indicazione in etichetta su tutti i prodotti alimentari in commercio nella Ue.