17 Marzo 2008
PARCO

Il Parco naturale regionale Fiume Ofanto così com’è non va. Gli imprenditori agricoli della Coldiretti del Nord barese indicono lo stato di agitazione contro una legge istitutiva che rischia di ingabbiare le loro attività imprenditoriali.
NO all’istituzione di un parco calato dall’alto che non salvaguarda le attività produttive, il reddito e l’occupazione delle imprese agricole.
NO ad una perimetrazione selvaggia che tenta di ‘imbalsamare’ il territorio.
NO a vincoli e norme di salvaguardia che vietano ogni forma di innovazione e sviluppo sull’intero territorio.
Questa in sintesi la posizione unanime emersa nel corso di un’assemblea organizzata dalla Coldiretti di Bari nella sezione di Barletta, a cui hanno partecipato gli imprenditori agricoli di Barletta, Canosa, Minervino Murge e Spinazzola.
“La legge regionale istitutiva del parco, datata 14 dicembre 2008, ha individuato – spiega il Delegato Confederale, Pietro Salcuni - un’area che comprende ampie zone di terreni agricoli coltivati intensivamente con produzioni di pregio, quali uva da tavola, pesco, albicocco, olivo da mensa e da olio. Gli imprenditori che conducono tali fondi subiscono già le prime forti limitazioni alle loro attività per effetto di una interpretazione troppo restrittiva della norma, dato che è stato loro stato impedito di effettuare le lavorazioni d’impianto per il rinnovo di alcuni frutteti specializzati, quali l’aratura ed il livellamento, così come si riscontrano limitazioni alla possibilità di effettuare trattamenti antiparassitari ed altre corrette pratiche agronomiche”.
Forti perplessità sono state manifestate relativamente alla individuazione dei confini, che in molti casi risultano eccessivamente distanti dalle aree golenari e dal letto del fiume, di fatti le uniche aree a dover essere poste sotto tutela.
Nella zona 1 (coincidente con l’alveo del fiume), per esempio, si riscontrano ampie aree agricole di proprietà privata.
“Non tardano ad arrivare – denuncia il Direttore della Coldiretti di Bari, Francesco Cosentini – le prime ripercussioni negative, come il repentino deprezzamento del valore dei terreni, pari al 30%. Tale situazione è confermata dalla ridotta disponibilità degli Istituti di credito ad attivare operazioni di prestito per gli imprenditori che operano in queste aree. Abbiamo registrato, inoltre, elementi addirittura paradossali, quali la posizione della Basilicata che ha deciso di non rientrare nell’area del Parco, nonostante condivida il fiume e la diga del Locone, con il risultato che ad oggi l’area a parco comprende metà del corso del fiume, di competenza della regione Puglia ed esclude l’altra metà di competenza della Basilicata. Lo stesso vale per la diga del Locone”.
Ciò ha scatenato numerosi interrogativi, più sarcastici che reali: come sarà organizzata la cartellonistica? I cartelli saranno piantati al centro del fiume o nell’invaso del Locone? E gli scarichi industriali della Fiat di Melfi che raggiungono l’Ofanto saranno considerati patrimonio del parco, essendo posizionati in una zona a monte?
Per fare luce sulla vicenda la Coldiretti di Bari ha chiesto di incontrare l’Assessore regionale all’Ecologia e i responsabili dell’Ufficio Parchi della Regione Puglia, al fine di stabilire l’arretramento dei confini fino alle aree golenari e demaniali e ottenere un chiarimento circa le norme generali di tutela e salvaguardia del territorio da effettuarsi anche e soprattutto con gli Enti che rilasciano autorizzazioni ed effettuano controlli, facendo emergere che – così come disposto dalla legge regionale istitutiva del parco - le attività agricole non hanno particolari limitazioni.

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