30 Settembre 2013
IMPRESA PESCA

 MOBILITAZIONE DEL SETTORE DELLA PESCA IN PUGLIA CONTRO
LE IMPORTAZIONI SELVAGGE DI PRODOTTO DALL’ESTERO
Convegno di Coldiretti ImpresaPesca della Puglia a Bari

Stop al pesce fresco a tavola per l’avvio del fermo pesca, con il blocco delle attività della flotta da pesca italiana dal mar Tirreno allo Ionio, lungo tutta la costa da Imperia a Brindisi. A darne notizia è Coldiretti ImpresaPesca nel sottolineare che il provvedimento scatta dal primo ottobre con l’obiettivo di garantire il ripopolamento dei pesci nel mare. Il 2013 è stato segnato da un calo in valore del 12 per cento dei consumi di pesce nonostante i prezzi al consumo siano addirittura calati dell’1,1 per cento rispetto allo scorso anno per il l pesce fresco di mare di pescata secondo i dati Istat sull’inflazione a settembre. Con il fermo pesca aumenta anche il rischio – denuncia Coldiretti ImpresaPesca  - di ritrovarsi nel piatto per grigliate e fritture prodotto straniero o congelato. Per questo non accenna a placarsi la protesta dei pescatori italiani, anzi si allarga a macchia d’olio e nelle prossime settimane interesserà la Puglia in maniera massiccia per contrastare le importazioni selvagge di prodotto dall’estero, spacciato per italiano.
“La scarsa conoscenza delle specie ittiche – ha spiegato il Presidente della Coldiretti Puglia, Gianni Cantele, aprendo i lavori del convegno organizzato da Coldiretti ImpresaPesca della Puglia al Barion - ci impone di lavorare sulla promozione al grande pubblico delle eccellenze dei nostri mari. Inutile dire che la Puglia riveste in tale direzione un ruolo di prim’ordine, soprattutto dal punto di vista del cosiddetto pesce povero che, oltre alle qualità nutrizionali e alle straordinarie caratteristiche organolettiche, gode di un rapporto qualità-prezzo a tutto vantaggio del consumatori. D’altro canto la chiusura dell’accordo sulla Politica Comune della Pesca in Europa (P.C.P.) rappresenta un fatto positivo ed uno strumento indispensabile per la guida del comparto ittico ha incalzato - ma restano perplessità sui punti cardine che sono stati oggetto di intenso dibattito nei mesi scorsi e sui quali erano stati trovati accordi di massima non del tutto soddisfacenti. La pesca e l’acquacoltura Comunitaria non soddisfano i mercati dell’Unione e circa la metà dei consumi di pesce del Vecchio Continente dipendono delle importazioni”.
Il settore soffre la concorrenza sleale del prodotto importato dall’estero e spacciato come italiano, soprattutto nella ristorazione, grazie all’assenza dell’obbligo di etichettatura dell’origine. Ad oggi infatti l’unico strumento per invertire la crescente dipendenza italiana dall’importazione, che ha superato il 76 per cento è rappresentato dall’acquacoltura, che invece viene penalizzata dalla mancanza di certezze e da una grave assenza di norme che ne consentano lo sviluppo.
“Una crisi quella del settore ittico, che si trascina da 30 anni – rileva Tonino Giardini, Responsabile Nazionale di Coldiretti ImpresaPesca – e che ha causato la perdita del 35% dei posti lavoro e la chiusura del 32% delle imprese, una “rotta persa” da tempo dal settore con una governance debole ed incapace di gestire una politica di ripresa.  Un mercato, quello del consumo del pesce, che aumenta, ma sempre più in mano alle importazioni.  La produzione ittica derivante dall’attività della pesca è da anni in calo e quella dell’acquacoltura resta stabile, non riuscendo a compensare i vuoti di mercato creati dell’attività tradizionale di cattura. Una rinascita che passa per il mercato, e sulla quale Coldiretti sta cercando di impegnarsi a fondo, facendo partire iniziative che hanno come obiettivo la semplificazione, il mercato e la tracciabilità.”.
Proprio per valorizzare il pesce pescato e allevato nel nostro Paese mediante la creazione di una filiera ittica tutta italiana che tuteli la qualità e l'identità nazionale del prodotto, Coldiretti ImpresaPesca ha avviato iniziative pilota per la vendita diretta del pesce presso la rete di Campagna Amica. Di assoluto rilievo i numeri del settore in Puglia, il cui valore economico è pari all’1% del PIL pugliese e arriva fino al 3,5% se si considera l’intero indotto, conta 1500 imbarcazioni, 5000 addetti, 10 impianti di acquacoltura e mitilicoltura. Le aree vocate sono prioritariamente Manfredonia, Molfetta, sud Barese, Salento, dove il pescato più importante è costituito da gamberi, scampi, merluzzi, A dimostrazione del deficit produttivo, va rilevato che dal 4 luglio scorso l’Europa ha iniziato a essere dipendente dalle importazioni per coprire il proprio fabbisogno di pesce.
 “La nuova frontiera in Puglia – ha dichiarato Il Direttore della Coldiretti Puglia, Antonio De Concilio -  è la piscicoltura in mare, realizzata con strutture semi sommerse poste al largo delle coste. Sotto il livello del mare vi sono gruppi di 2-8 gabbie in cui vengono tenuti i pesci, realizzate con materiali e con forme tali da poter resistere a condizioni meteorologiche estreme, facilmente sostituibili in caso di necessità. Un esempio di eccellenza è l’azienda Reho di Gallipoli, specializzata nell’allevamento di pesce in mare aperto. Il prodotto finale conserva le qualità alimentari dei pesci catturati piuttosto che dei pesci allevati; inoltre la circolazione dell'acqua è tale da diminuire notevolmente i rischi di impatto ambientale provocati dagli impianti a terra. Gli svantaggi sono legati alla necessità di impiegare personale specializzato (tra cui sub per la manutenzione), di predisporre a terra le strutture di supporto (magazzino, avannotterie, bacini di pre-ingrasso) nonché ai rischi di mareggiate, collisioni e rotture (accidentali e non)”.

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