Con l’aumento dei costi di produzione anche a causa della siccità, va sostenuto un nuovo modello energetico che parta dal riutilizzo degli scarti agricoli, quando solo da oliveti e vigneti sono disponibili circa 1,2 milioni di tonnellate all’anno di residui di potatura in Puglia. E’ quanto afferma la Coldiretti Puglia, in relazione alla chiusura del progetto Venere, portato avanti dalla OP Puglia Olive, Università Degli Studi Di Foggia, Agromnia, Impresa Verde Puglia, Oleificio cooperativo di Bitritto, Oleificio sociale di Cassano e Coldiretti Puglia.
Secondo la Banca Dati Regionale delle Biomasse, infatti, solo considerando gli oliveti ed i vigneti – spiega Coldiretti Puglia - sono disponibili circa 1,2 milioni di tonnellate all’anno di residui di potatura in Puglia, che possono riutilizzati a fine energetici. Ciò si tradurrebbe, in termini teorici, in una potenza d’installazione elettrica pari a 225 MW, ovvero 600 MW di potenza termica. Su scala regionale, questi numeri potrebbero contribuire non poco al processo di decarbonizzazione della nostra economia regionale, alleviando i costi ambientali e sanitari conseguenti all’impiego energetico del carbone, il combustibile col più elevato effetto inquinante e di alterazione climatica. Le potature sono oggi una risorsa ancora largamente inutilizzata; al contrario, esse potrebbero rappresentare una leva dello sviluppo rurale, uno strumento di diversificazione del reddito agrario, utile ad incorporare il valore aggiunto che verrebbe generato dalla conversione di questa materia residuale in un “prodotto energetico” (calore e/o elettricità).
Il progetto Venere si è proposto di attivare una filiera produttiva in grado di generare energia rinnovabile da biomassa a partire dai residui di potatura delle colture arboree (oliveti). Tale energia è destinata a coprire i consumi di un’industria agraria cooperativa. Le stesse aziende agricole associate che forniscono la materia prima alimentare (olive) provvedono anche il combustibile utile per ricavare l’energia che, a sua volta, alimenta l’impianto di trasformazione agroalimentare (frantoio).
Si tratta, pertanto, di una forma di autoconsumo energetico destinato a ridurre drasticamente la dipendenza da approvvigionamenti esterni, facendo ricorso ad una forma di energia rinnovabile a bassissime emissioni di gas “serra”. Il settore direttamente interessato all’innovazione proposta è quello olivicolo-oleario. Altri settori agroindustriali (es. quello vitivinicolo) potrebbero esserne coinvolti su scala regionale a seguito di iniziative analoghe e traendo vantaggio dall’esperienza acquisita in questo progetto.
La Coldiretti sostiene un modello di transizione energetica che vede le imprese agricole protagoniste attraverso, ad esempio, le comunità energetiche, gli impianti solari sui tetti e l’agrivoltaico sostenibile e sospeso da terra che consentono di integrare il reddito degli agricoltori con la produzione energetica rinnovabile, con una ricaduta positiva sulle colture e sul territorio, come nel settore del biogas-biometano che – conclude Coldiretti - ha conosciuto un’importante accelerazione verso la transizione energetica attraverso il riutilizzo di sottoprodotti e la riduzione dell’impronta ambientale e di carbonio, specialmente nella zootecnia.