I cinghiali restano il pericolo numero uno per l’introduzione del virus della Peste suina Africana in Italia. Il nostro Paese è territorio indenne con la sola eccezione della Sardegna, ma l’allerta rimane alta. L’obiettivo di proteggere il patrimonio suinicolo da incursioni del virus Psa resta la priorità del Piano di sorveglianza e prevenzione in Italia per il 2021 pubblicato dal ministero della Salute. I cinghiali, ribadisce il Piano, hanno un ruolo fondamentale per la diffusione del virus e dunque una delle misure è la gestione numerica della popolazione di cinghiali. Dal 2021 il Piano prevede anche la sorveglianza per la Peste suina classica che esclude però i cinghiali. Al momento, il Ministero della Salute ha ritenuto opportuno limitare la sorveglianza della PSC ai soli suini domestici, escludendo quindi i cinghiali, che verranno testati (per escludere l’infezione da entrambi i virus PSA e PSC) solo in caso di sospetto clinico o anatomo-patologico.
Il Piano per la Psa dunque si basa sulla sorveglianza passiva dei cinghiali, sulla gestione degli stessi, sulla sorveglianza degli allevamenti suini, sulla verifica dei livelli di applicazione delle misure di biosicurezza e infine sulla campagna di informazione e formazione degli stakeholders.
Il Piano rileva che il fronte endemico risulta distante dall’Italia, ma nel caso di segnalazioni da Paesi confinanti come l’Austria o la Croazia la diffusione attraverso i cinghiali impiega 1 anno. Nel caso in cui si prospetti l’infezione per contiguità il documento sostiene la necessità di prevedere piani specifici nelle aree di confine adiacenti alle zone infette che facciano leva sulla riduzione della densità della popolazione dei cinghiali per un breve periodo e un ambito territoriale di almeno 50 chilometri dal fronte endemico.
In Italia, si legge ancora nel Piano, vengono abbattuti ogni anno 300mila/500mila cinghiali a fronte di una popolazione post riproduttiva di 800mila /1 milione. L’azione dunque deve essere indirizzata alla riduzione sia numerica che spaziale attraverso le attività venatorie, le azioni di controllo della legge 157/92 articolo 19 e le azioni programmabili nella rete delle aree protette. E’ poi, da tempo, in fase di elaborazione un documento della Salute con le Politiche agricole, l’Ambiente e l’Ispra per fornire indicazioni tecnico operative finalizzate alla “riduzione generalizzata della densità della popolazione di cinghiali” da perseguire e mantenere in quanto il rischio della Psa è ritenuto prevedibilmente alto anche nel futuro.
Secondo Coldiretti la questione sanitaria riaccende un faro su una problematica mai risolta ,quella del controllo della presenza dei cinghiali sul territorio italiano che causa all’agricoltura danni per circa 200 milioni. Il piano interministeriale sopra citato non riesce ancora ad essere approvato. La presenza dei cinghiali nelle aree agricole non è più tollerabile per i danni arrecati agli agricoltori che hanno un costo economico anche per la collettività, dovuto agli indennizzi che, in ogni caso, non coprono la reale perdita di reddito subita dall’agricoltore in quanto non si tratta di risarcimenti.
E’ urgente, sostiene Coldiretti, un pacchetto di azioni da parte del Governo che consenta l’adozione di ordinanze di emergenza, da parte dei sindaci, per autorizzare misure straordinarie di controllo e prevedere la nomina di un commissario ad acta, nelle aree protette qualora gli enti parco non abbiano adottato specifiche misure di contenimento della specie. Inoltre, è necessario estendere il periodo in cui è consentito l’abbattimento del cinghiale per tutto il periodo compreso tra il 1 settembre e il 30 aprile, valorizzare lo strumento delle convenzioni con gli imprenditori agricoli ai sensi dell’art.15 del d.lgs. n.228/2001 per realizzare sistemi di alimentazione complementare o artificiale e per collaborare alle operazioni di abbattimento di emergenza e subordinare lo svolgimento delle attività di abbattimento all’interno di fondi condotti da una azienda agricola al previo consenso del proprietario o conduttore del fondo. E’ opportuno, infine, regolamentare le modalità di utilizzo delle somme disponibili nel fondo regionale destinato alla prevenzione ed al risarcimento dei danni cagionati alla produzione agricola, in modo da assicurare rapido e satisfattivo risarcimento.