“Poteva essere in armonia con la battaglia portata avanti da Coldiretti per la tutela dell’olio extravergine di oliva ‘Made in Italy’ il Regolamento 61 del 24 gennaio 2011 relativo alle caratteristiche degli oli di oliva e degli oli di sansa d'oliva e all’introduzione di metodi di analisi e di nuovi parametri dei metil esteri degli acidi grassi (MEAG) ed etil esteri degli acidi grassi (EEAG) che consentiranno di svelare la presenza dei suddetti oli deodorati negli oli extravergine d'oliva. Purtroppo, la Comunità europea e i nostri parlamentari a Bruxelles hanno perso l’ennesima occasione per infliggere un duro colpo ai sofisticatori. Infatti, l’entrata in vigore a partire dal 1° aprile 2011 consente agli industriali di continuare ad imbottigliare, secondo i vecchi parametri, olio che circolerà per 18 mesi. L’impiego del metodo basato sulla ricerca degli alchil esteri e dei metil alchil esteri può essere efficacemente utilizzato per mettere in risalto oli di scarsa qualità, ma non necessariamente oli deodorati; infatti tali composti non si formano come diretta conseguenza del processo di deodorazione degli oli, ma in seguito a fenomeni fermentativi e degradativi delle olive di scarsa qualità, danneggiate o stoccate in condizioni non idonee prima della lavorazione”. Così il Presidente della Coldiretti Puglia, Pietro Salcuni, interviene sul noto fenomeno degli oli deodorati e sulla materia degli alchil esteri, già ampiamente denunciata a marzo 2011. “Il Regolamento 61/2011 – ha detto senza mezzi termini Antonio De Concilio, Direttore della Coldiretti Puglia - si è rivelato un bluff. Il parametro di valutazione per scoprire la presenza di alchil esteri è rappresentato da un valore soglia talmente alto che di fatto non scoraggia la produzione di oli extravergini "falsati", piuttosto apre nuovi e più redditizi scenari per i sofisticatori. La deroga, poi, rappresenta una ulteriore concessione in favore degli industriali per smaltire le scorte di magazzino. Ecco perché per la prima volta gli industriali, sempre contrari a regole, parametri e resistenti verso etichettature troppo stringenti, hanno esultato. Ciò deve indurci a rimanere vigili su quanto sarà scritto in materia di etichettatura a livello comunitario e a preservare la legge nazionale sull’obbligo di indicare la provenienza degli alimenti in etichetta approvata all’unanimità dal Parlamento, denunciando, in tutte le sedi e nelle piazze, qualunque tentativo di chi, per interesse “particolare”, tenta di “boicottare” un processo di democrazia e di trasparenza dell’informazione su ciò che mangiamo”.
Unico strumento, dunque, per garantire trasparenza e rintracciaibilità sono gli accordi di filiera che ricreano equilibrio all’interno del segmento agroalimentare, dato che oggi per ogni euro speso dai consumatori per l’acquisto di alimenti oltre la metà (il 60 per cento) va alla distribuzione commerciale, il 23 per cento all’industria di trasformazione e solo il 17 per cento per remunerare il prodotto agricolo
Coldiretti si è battuta strenuamente per impedire lo sfruttamento dell’immagine delle zone tradizionali di coltivazione o allevamento da parte di alimenti a base di prodotti agricoli provenienti da migliaia di chilometri di distanza da quanto indicato sulle confezioni ed evitare ogni tipo di sofisticazione, ovvero che prodotti di dubbia provenienza vengano spacciati per prodotti di qualità, quando di qualità non sono, e che si utilizzino i marchi ‘made in Italy’, o peggio ‘made in Puglia’ per prodotti che non hanno nulla a che fare con il nostro territorio.
9 Gennaio 2012
SOFISTICAZIONI OLIO