4 Marzo 2011
MADE IN ITALY

“Poteva essere in armonia con la battaglia portata avanti da Coldiretti per la tutela dell’olio extravergine di oliva ‘Made in Italy’ il Regolamento 61 del 24 gennaio 2011 relativo alle caratteristiche degli oli di oliva e degli oli di sansa d'oliva e all’introduzione di metodi di analisi e di nuovi parametri dei metil esteri degli acidi grassi (MEAG) ed etil esteri degli acidi grassi (EEAG) che consentiranno di svelare la presenza dei suddetti oli deodorati negli oli extravergine d'oliva. Purtroppo, la Comunità europea e i nostri parlamentari a Bruxelles hanno perso l’ennesima occasione per infliggere un duro colpo ai sofisticatori. Infatti, l’entrata in vigore a partire dal 1° aprile 2011 consentirà agli industriali di continuare ad imbottigliare, secondo i vecchi parametri, olio che circolerà per 18 mesi. L’impiego del metodo basato sulla ricerca degli alchil esteri e dei metil alchil esteri può essere efficacemente utilizzato per mettere in risalto oli di scarsa qualità, ma non necessariamente oli deodorati; infatti tali composti non si formano come diretta conseguenza del processo di deodorazione degli oli, ma in seguito a fenomeni fermentativi e degradativi delle olive di scarsa qualità, danneggiate o stoccate in condizioni non idonee prima della lavorazione”. Così il Presidente della Coldiretti Puglia, Pietro Salcuni, ha aperto i lavori del convegno sul tema ““L’Olivicoltura Pugliese per lo Sviluppo della Filiera Agricola Tutta Italiana”, organizzato alla Camera di Commercio di Foggia.
Unico strumento, dunque, per garantire trasparenza e rintracciaibilità sono gli accordi di filiera che ricreano equilibrio all’interno del segmento agroalimentare, dato che oggi per ogni euro speso dai consumatori per l’acquisto di alimenti oltre la metà (il 60 per cento) va alla distribuzione commerciale, il 23 per cento all’industria di trasformazione e solo il 17 per cento per remunerare il prodotto agricolo
 “Il progetto Lupi, sviluppato dagli Oleifici Mataluni in collaborazione con Coldiretti e Unaprol, nasce dall’idea – ha spiegato il Presidente degli omonimi oleifici, Biagio Mataluni - di portare un prodotto “premium” italiano nella grande distribuzione. La scelta di puntare sul 100% italiano, non è casuale ed è stata dettata proprio dalla volontà di restituire dignità al sistema produttivo dell’olio italiano attraverso il coinvolgimento diretto dei diversi attori della filiera. Crediamo in un mercato che si segmenti verso l’alto, un rapporto di fiducia stabile e con impegni precisi lungo la filiera per offrire al consumatore il prodotto di qualità che cerca ad un giusto prezzo. Siamo convinti che ci siano così margini di profittabilità per le imprese olivicole, per la nostra azienda, ma soprattutto garanzie di scelta per il consumatore. Qualità e trasparenza verso i consumatori sono state da sempre le parole d’ordine nella nostra produzione”.
Coldiretti si è battuta strenuamente per impedire lo sfruttamento dell’immagine delle zone tradizionali di coltivazione o allevamento da parte di alimenti a base di prodotti agricoli provenienti da migliaia di chilometri di distanza da quanto indicato sulle confezioni ed evitare ogni tipo di sofisticazione, ovvero che prodotti di dubbia provenienza vengano spacciati per prodotti di qualità, quando di qualità non sono, e che si utilizzino i marchi ‘made in Italy’, o peggio ‘made in Puglia’ per prodotti che non hanno nulla a che fare con il nostro territorio.
“Il Regolamento 61/2011 – ha detto senza mezzi termini Antonio De Concilio, Direttore della Coldiretti Puglia - si è rivelato un bluff. Il parametro di valutazione per scoprire la presenza di alchil esteri è rappresentato da un valore soglia talmente alto che di fatto non scoraggia la produzione di oli extravergini "falsati", piuttosto apre nuovi e più redditizi scenari per i sofisticatori. La deroga, poi, rappresenta una ulteriore concessione in favore degli industriali per smaltire le scorte di magazzino. Ecco perché per la prima volta gli industriali, sempre contrari a regole, parametri e resistenti verso etichettature troppo stringenti, hanno esultato. Ciò deve indurci a rimanere vigili su quanto sarà scritto in materia di etichettatura a livello comunitario e a preservare  la legge nazionale sull’obbligo di indicare la provenienza degli alimenti in etichetta approvata all’unanimità dal Parlamento, denunciando, in tutte le sedi e nelle piazze, qualunque tentativo di chi, per interesse “particolare”, tenta di “boicottare” un processo di democrazia e di trasparenza dell’informazione su ciò che mangiamo”.
Sono circa 2.000.000 i quintali di olio, quasi pari alla produzione regionale, importati ogni anno per essere miscelati con quello del nostro territorio, mentre sfuggono ad ogni possibile calcolo le importazioni di olio - non di oliva - che si trasformano nel prezioso oro pugliese.  Importante il lavoro svolto negli ultimi anni dal gruppo di ricerca del laboratorio di Chimica Generale ed Inorganica del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali, Università del Salento, guidato dal Prof. Francesco Paolo Fanizzi, che si è occupato di caratterizzazione di oli extravergine di oliva (blend e monovarietali), mediante tecniche avanzate di indagine come la spettroscopia di risonanza magnetica nucleare (NMR) ad alto campo, in combinazione con l’analisi statistica multivariata.  Il comparto olivicolo-oleario è uno dei settori più colpiti da frodi e sofisticazioni in Puglia. Nonostante il riconoscimento comunitario per 5 oli DOP (Denominazione d’Origine Protetta)  al ‘Terra di Bari’, ‘Terra d’Otranto’, ‘Dauno’, ‘Collina di Brindisi’ e ‘Terre Tarentine’ ed una produzione pari a 11 milioni di quintali di olive ed oltre 2,2 milioni di quintali di olio, sono circa 500 i milioni di litri di olio di oliva importati ogni anno per essere miscelati con quello italiano ed in particolare con quello pugliese, dato che l'incidenza della produzione olivicola regionale su quella nazionale è pari al 32% e al 12% su quella mondiale.

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