9 Novembre 2011
VINO

“La vendemmia 2011 in Puglia, da un punto di vista quantitativo, ha registrato un -15/20% rispetto al 2010, anche per il numero non indifferente di espianti, pari a circa 2.500 ettari per un totale di 26 milioni di euro di incentivi riconosciuti dalla Comunità Europea, per la “vendemmia verde”. Non solo: la Puglia ha perso circa 2.000 ettari di potenziale vitivinicolo (per la mancata richiesta dei produttori vitivinicoli).
L’andamento climatico registrato fino ad ottobre, caratterizzato da caldo consistente, e l’andamento vendemmiale hanno fatto il resto. Il dato finale è stato determinato da un discreto aumento nel Nord e di un deciso passo indietro nel Salento, dove, per certi vitigni autoctoni come il Primitivo, le perdite sono molto pesanti. Nelle vigne pugliesi il ciclo vegetativo è partito in lieve anticipo, le fasi di cacciata, fioritura e allegagione sono risultate buone in tutta la regione. Da un punto di vista qualitativo anche il 2011 si conferma essere un’annata eccellente, grazie alla maturità fenolica delle uve, considerato che, oltre alla misurazione della maturità zuccherina, per fare grandi rossi è molto importante misurare il livello di maturità dei polifenoli. Ultimo dato decisamente soddisfacente è legato all’aumento di circa 7% la destinazione della produzione pugliese in favore dei vini DOC E IGT”.
Ad oggi sono 6 le IGT (Indicazioni Geografiche Tipiche) ‘Tarantino’, ‘Valle d’Itria’, ‘Salento’, ‘Murgia’, ‘Daunia’, ‘Puglia’ e 29 i vini pugliesi DOC (Denominazione di Origine Controllata) che  detengono un valore inestimabile, intrinseco alla materia prima ed alla professionalità imprenditoriale, che va salvaguardato a difesa della salute dei consumatori e a caratterizzazione della specificità dei prodotti regionali sul mercato globalizzato. Ed i risultati della scelta di qualità degli imprenditori agricoli pugliesi non hanno tardato a farsi vedere: è aumentata del 33% la produzione DOC e DOCG (Denominazione d’Origine Controllata e Garantita). Si tratta di un dato in controtendenza rispetto all’andamento del comparto nel resto del Mezzogiorno, dove i numeri sono in netto ribasso in Basilicata (- 13%), Calabria (- 25,5), Sicilia (- 19,7 %) e Sardegna (- 1,3%). Con i suoi 346.000 ettolitri di vino a denominazione d’origine, la Puglia ha contribuito ad accrescere l’incidenza produttiva dei vini meridionali sul totale nazionale, dominato da sempre dalla produzione del Nord Italia.
Per l’uva da tavola è stata una campagna iniziata nel migliore dei modi, con le primizie come la Vittoria vendute a euro 0,75 al chilo, degenerata gia a fine luglio, con una flessione tangibile ed inaspettata data l’alta qualità delle produzioni. I prezzi della pregiata uva Italia sono crollati del 47%, raggiungendo il minimo storico di 0,40 euro al chilogrammo, per poi risalire fino a 0,80 euro al chilogrammo. Nonostante la Puglia sia la maggiore produttrice di uva da tavola d’Italia, resta eccessivo lo spazio riservato dalle catene della grande distribuzione ai prodotti provenienti dall’estero, soprattutto da Turchia, Marocco e Grecia. Peraltro, essendo ormai gli ipermercati il veicolo maggiore di commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli, sono determinanti nella formazione del prezzo del prodotto agricolo in campagna. Resta il fatto che l’uva ha risentito della crisi che ha colpito l’intero comparto ortofrutticolo pugliese causato dal crollo delle vendite per la psicosi ingenerata dal batterio killer ‘escherichia coli’. A ciò va ad aggiungersi l’”atteggiamento” delle catene della grande distribuzione presenti anche in Puglia  determina, per esempio, l’abbattimento dei prezzi dell’uva da tavola in campagna. Già dalla prima decade di agosto alcuni grani gruppi hanno avviato le campagne promozionali, venduto il prodotto sotto costo. Gli ipermercati propongono ai coltivatori e ai commercianti prezzi promozionali, da riproporre, in un secondo momento al consumatore finale, attraverso le famose offerte, grazie alle quali i grandi centri commerciali attirano la clientela. Peraltro, grande non è sinonimo di vantaggioso, tanto che ad eccezion fatta per le “offerte”, oltre l’80% dei prodotti i prezzi medi al dettaglio praticati dalla grande distribuzione sono più elevati rispetto al commercio tradizionale.  

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