10 Gennaio 2022
PESCA: IL TAGLIO DELLE GIORNATE DI ATTIVITÀ AFFONDA LA FLOTTA TRICOLORE

La riduzione dal 1° gennaio 2022 dell’attività di pesca per un corposo segmento produttivo della flotta peschereccia nazionale a poco più di 120 giorni, pari ad un terzo delle giornate annue, affonda la flotta italiana, portandola di fatto sotto la soglia della sostenibilità economica e facendo sparire dai banchi di mercati il prodotto Made in Italy, sostituendolo con quello straniero. E’ allarme lanciato da Coldiretti Impresapesca e Federpesca nel denunciare che, nonostante le rassicurazioni iniziali, il Consiglio Europeo ha finito per decidere tagli drastici alle uscite in mare con l’obiettivo di diminuire del 40% lo sforzo di pesca nel Mediterraneo fissato per il 2026.

Le disposizioni dell’Ue e del Consiglio Generale della Pesca nel Mediterraneo (Cgpm) si sono tradotte in uno schema di decreto predisposto dal Ministero delle Politiche agricole che mette ora a rischio i quasi 2000 pescherecci italiani che utilizzano sistemi a strascico i quali producono circa il 50% del valore dell’ittico Made in Italy. Si tratta dei segmenti di punta della nostra flotta, in areali strategici come l’Adriatico, il Tirreno ed il Canale di Sicilia.

Coldiretti e Federpesca chiedono dunque un impegno forte al Governo e al Ministero delle Politiche agricole per spingere l’Ue a fare marcia indietro sui drastici tagli alle attività e rimettere al centro delle scelte strategiche dell’Italia il settore della pesca che conta complessivamente 12000 imprese e 28000 lavoratori, con un vasto indotto ad essa collegato.

Un intervento ancora più necessario se si considera che l’introduzione della Cisoa, la Cassa Integrazione Salariale Operai Agricoli, nella pesca senza ricomprendere i vari fermi obbligatori e aggiuntivi e senza un adeguato supporto finanziario, rappresenta un ulteriore costo per le imprese senza nessun beneficio per i lavoratori il cui salario si ricava una buona parte dall’utile di impresa.

Ancora una volta le scelte del Cgpm e della Ue si aggravano in presenza di un sistema nazionale di attività di impresa rigido ed obsoleto, spesso legato a condizioni quasi impiegatizie della struttura di lavoro vanificando una possibile e flessibile gestione del lavoro e del reddito, che va incontro anche ad un attività di impresa attuata nelle migliori condizioni di sicurezza del lavoro evitando forzature spesso pericolose volte al recupero del reddito nell’attuale sistema bloccato dalle rigidità del calendario .

Con la flotta italiana si mette di fatto a rischio anche il prodotto ittico 100% italiano, poiché i tagli all’attività di pesca porterebbero a sostituire sui banchi quello tricolore con pesce straniero. Le limitazioni richieste dalla Ue per Adriatico, Tirreno e l’intero Mediterraneo interessano solo parzialmente i paesi extraeuropei, dall’Egitto alla Libia, dalla Tunisia fino alla stessa Turchia, che insistono sullo stesso areale e non sono spesso soggetti alle maggiori restrizioni imposte dal Cgpm e dell’Ue.

Un Paese, infine, il nostro che è tra i maggiori importatori dell’Unione con quasi l’80% del consumato nazionale.   Il consumo pro capite degli italiani è tra l’altro di circa 28 kg di pesce all’anno, superiore alla media europea ma decisamente basso se confrontato con quello di altri Paesi che hanno un’estensione della costa simile, come ad esempio il Portogallo, dove se ne mangiano quasi 60 kg, praticamente il doppio.

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